Maestro Marchese, ci può raccontare i caratteri salienti dei brani che eseguirà in concerto a Torino?
In questo breve intervento musicale siamo in Italia, in quello scorcio di Seicento che vede uno straordinario rinnovamento in tutti i campi dell’arte musicale, sull’onda delle novità introdotte quasi simultaneamente dalle Camerate Fiorentine (il melodramma e la melodia accompagnata) e dalla nascita dei primi repertori di spaccato virtuosismo strumentale: il violino, sicuramente, ma anche le trasformazioni seicentesche del liuto, divenuto, grazie all’aggiunta delle lunghe corde gravi, arciliuto e tiorba o chitarrone (i termini sono pressoché sinonimi). Strumenti nati per accompagnare le voci in teatro, ma anche luogo di sperimentazione di tecniche di spericolato virtuosismo, come accade al “tedesco della tiorba” Kapsberger, il compositore che più di tutti forse incarna quell’ideale barocco della “maraviglia”, la suggestione che lascia il pubblico stupito e affascinato.

Come dialoga la musica della tradizione colta occidentale con la musica tradizionale cinese, che eseguirà la suonatrice di pipa? Al di là delle evidenti differenze, ci sono punti di contatto?
La musica è un linguaggio universale, quindi seppur con moltissime differenze tra le varie culture, ogni suono e ogni nota prodotta sa dialogare. È chiaro che tutto ciò non è semplice, dipende molto anche dalla sensibilità del singolo musicista, ma non impossibile. Agli ascoltatori, dunque, l’ardua sentenza se riusciremo a far incontrare le due culture attraverso la musica.

La passione per la musica in lei è nata molto presto. Secondo la sua esperienza, che ruolo svolge la musica nello sviluppo di una persona?
La musica dovrebbe svolgere un ruolo fondamentale nella formazione di un individuo, indipendentemente che questi diventi un musicista o meno. All’estero, nelle scuole di ordine e grado, la musica è tra le materie principali. In Italia invece le si è sempre dato un ruolo marginale, quasi nullo, purtroppo.

Come si è avvicinato alla musica antica? Quali stimoli può ancora dare all’ascoltatore contemporaneo?
Mi sono avvicinato alla musica antica quasi per caso. Da bambino suonavo la chitarra classica ed eseguivo spesso brani trascritti per liuto, uno strumento che non conoscevo affatto… non sapevo nemmeno che forma avesse. Un giorno, in vacanza con i miei genitori, vidi una locandina con un festival di musica antica e tra i vari concerti ce n’era uno di liuto, tenuto da un giovane interprete svedese, Jakob Lindberg, oggi uno dei più importanti liutisti al mondo. Andai ad ascoltarlo e… fu amore a prima vista! Da quel momento cominciai a dedicarmi a questo meraviglioso strumento.

Negli ultimi anni l’Unione Musicale sta realizzando molte iniziative volte al coinvolgimento del pubblico giovane. In qualità di organizzatore, secondo lei quali sono i metodi più efficaci per invogliare il pubblico (specialmente giovane) a partecipare ai concerti?
Il problema è piuttosto complesso. Oggi la cultura, soprattutto quella musicale, sta vivendo un momento davvero drammatico e ogni sforzo diventa vitale per poter diffondere la musica a tutti i livelli. In Italia sarebbe necessario cambiare mentalità verso questo settore: bisognerebbe che le istituzioni non considerassero più i musicisti come persone che si dilettano, che giocano a tempo perso con la musica, ma che riconoscessero il loro ruolo come una professione a tutti gli effetti. In questo modo allora, sarà possibile attrarre sempre più persone ai concerti, in particolare i giovani.

Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale