Qual è stato (e qual è tutt’ora) il ruolo della musica nella sua crescita personale? Quando e perché ha scelto di diventare musicista?
Sin da bambino la musica ha avuto per me un ruolo di primaria importanza. Nonostante nessuno in famiglia fosse musicista, tutti erano, e sono tutt’ora (chi più, chi meno) appassionati di musica classica (o, per meglio dire, colta) e soprattutto di opera. Il mio primo contatto con la musica fu con i dischi in vinile dei nonni, e a sette anni andai per la prima volta a teatro, e non smisi più. Direi che da allora ho sempre avuto chiaro in mente ciò che avrei voluto fare nella vita: il direttore d’orchestra; iniziai quindi lo studio del pianoforte. La musica ha significato sicuramente disciplina, non solo nel senso di sacrifici, regole da rispettare e così via: piuttosto mi ha fornito quella forma mentis che mi ha aiutato molto anche in altri ambiti, per esempio nella vita liceale.

A che punto è il suo percorso di formazione?
Attualmente frequento il terzo anno del Triennio al Conservatorio, e il corso pre-accademico di composizione (sono circa al corrispettivo del quinto anno del vecchio ordinamento), e appena possibile inizierò a studiare direzione d’orchestra, per la quale la composizione è fondamentale. Ma naturalmente non voglio trascurare il pianoforte, resta sempre e comunque una passione imprescindibile. Vorrei trovare il modo di conciliare i due aspetti, insomma.

Che cosa rappresenta per lei tenere un recital per un ente dalla lunga tradizione come l’Unione Musicale?
Suonare per un’istituzione antica e benemerita come l’Unione Musicale è certamente un privilegio. Questo ente è il motore della vita musicale della città, e penso veramente che sia un’ottima iniziativa quella di dare la possibilità anche a chi è ancora studente di misurarsi con essa. Accolgo questo concerto come una grande opportunità di crescita e formazione, cercando di mettere a frutto i preziosi insegnamenti ricevuti in questi anni.

Quali tra gli insegnamenti ricevuti (in ambito musicale) reputa sia stato più prezioso?
 È difficile stabilire quale sia stato l’insegnamento più importante. Forse non è possibile dirlo, senza correre il rischio di escluderne altri altrettanto importanti. Però, per esempio, ho trovato molto interessante l’idea di immaginare, quando si suona, di osservare tutto dall’esterno, ma non nel senso di estraniarsi, mettendo una sorta di “pilota automatico “ e non badando più a nulla; bensì pensando di contemplare il tutto, che si esprime attraverso il suono, come da un altro pianeta, da Giove (questo per esempio è un significato dell’ultima sinfonia di Mozart, la Jupiter appunto, che abbraccia tutto il mondo come farebbe una divinità).
Tornando agli insegnamenti preziosi, sono convinto che l’essenzialità, su cui molti insegnanti a cui sono grato hanno insistito fortemente, sia una caratteristica indispensabile soprattutto nel repertorio del Classicismo. Per esempio, in Mozart sono da evitare manierismi, retorica, gesti inutili. È musica complessa ma che richiede il massimo della semplicità perché ne sia penetrata l’essenza.

Secondo la sua esperienza di giovani interpreti, quali sono le azioni più efficaci per attrarre nuovo pubblico (e in particolare i giovani) alla musica classica?
A mio avviso bisognerebbe promuovere un’adeguata conoscenza della musica classica a tutti i livelli, a cominciare dalla scuola. L’insegnamento della musica nelle scuole medie che ho sperimentato io stesso è deleterio, non può che allontanare i ragazzi da questo mondo, a cui essi assoceranno sempre il suono stridulo di quello strumentino in plastica che è il flauto diritto utilizzato un’ora alla settimana. Viceversa, a cominciare dalle elementari la musica dovrebbe avere un importante ruolo nell’educazione, che potrebbe per esempio concretizzarsi nell’insegnamento della storia della musica basato però sull’ascolto attivo e partecipativo, interpretante, ermeneutico, come dovrebbe essere lo studio della letteratura.
Soprattutto non bisogna cercare di “modificare” o mistificare la musica colta, proponendo generi più appetibili fatti passare però come musica classica. In effetti, molte delle strategie a cui si assiste oggi, e che vanno tanto di moda, per avvicinare nuovo pubblico alla musica colta ottengono il risultato opposto. Infatti molti musicisti, divenuti famosi soprattutto grazie ai mezzi di comunicazione di massa, si presentano come interpreti fedeli di musica classica, mentre in realtà propongono un prodotto edulcorato e semplificato, confezionato per compiacere il gusto facile del grande pubblico. Ma se un giovane assiste a un concerto simile, di suo gradimento, e, pensando di aver capito cosa sia la musica classica, ignaro, suo malgrado compra un biglietto, poniamo, per la Passione secondo Matteo di Bach, probabilmente non vorrà più sentire parlare di musica per tutta la vita. Bisogna invece fornirgli gli strumenti adatti, passo dopo passo, perché egli possa avvicinarsi correttamente alle musica. E’ necessario insomma far capire ai giovani che la nostra civiltà si basa sull’arte, sulla cultura, e non meno sulla musica: ripartire dalla Bellezza per accogliere le sfide del futuro.

Che cosa le piace ascoltare?
Ascolto quasi esclusivamente musica classica, il che può essere un difetto, perché si riducono gli orizzonti, ma sono convinto che sia talmente vasta e importante da avere la priorità. Di musica moderna leggera (pop, rock, ecc..) non ascolto nulla. I miei interessi si concentrano soprattutto sul periodo classico, e cerco anche di ascoltare e scoprire musicisti cosiddetti minori, poco conosciuti, che però possono risultare molto interessanti. L’altra grande passione è l’opera, soprattutto italiana.

Qual è il suo rapporto con i social media?
Devo dire che passo poco tempo sui social network, e ne uso soltanto uno: facebook. Sono convinto che i social media siano molto utili, ad esempio per seguire quasi in diretta la carriera di grandi musicisti, e per mantenersi in contatto; essi vanno però usati con moderazione e non posso sostituire i rapporti personali concreti e reali. Un atteggiamento critico è inoltre fondamentale: va bene usarli, ma non bisogna farsi usare la essi.