Com’è nato il vostro ensemble? Quali caratteristiche vi affascinano della produzione italiana e francese del Sei e Settecento tanto da prediligere in particolare questo ambito del repertorio?
«Siamo musicisti che si trovano spesso insieme a suonare in ensemble diversi e condividiamo molte delle nostre attività. Pur molto soddisfatti delle nostre personali carriere avevamo anche il desiderio di costruire qualcosa di nostro, unendo le nostre capacità ed esperienze. Avendo la fortuna di vivere abbastanza vicini, abbiamo pensato di iniziare un progetto di collaborazione che si è rivelato per ognuno di noi una bellissima opportunità sia musicale sia umana.
Questo repertorio ci ha indubbiamente affascinato poiché il violinismo in Italia nel Seicento raggiunse delle vette incredibili di espressività e poeticità, e l’influsso di tale abbondanza di “affetti” ed “effetti” fu sicuramente accolto dai francesi che ne imitarono e citarono le grandezze e meraviglie nelle loro opere coeve».
Che significato ha per voi la scelta di utilizzare strumenti originali?
«Il repertorio che studiamo ed eseguiamo acquisisce maggior valore e credibilità attraverso una prassi esecutiva filologica e con l’esecuzione su strumenti antichi. Sebbene ancora oggi per molti possa sembrare una moda, in realtà la prassi esecutiva barocca su strumenti originali ha radici nella seconda metà del Ventesimo secolo. Per tutti quelli come noi che si dedicano a questa costante ricerca del suono e di un’esecuzione storicamente informata, il percorso è comunque tutt’altro che concluso e anche la continua ricerca di fonti storiche e di repertorio ancora ignorato è per noi uno stimolo e un interesse vivo e costante».
Quali aspetti del repertorio barocco che eseguite possono essere attraenti anche per il pubblico di oggi? Che tipo di approccio richiede sia all’ascoltatore sia all’esecutore?
«Il repertorio barocco che eseguiamo ha un impatto positivo sul pubblico, che rimane generalmente affascinato sia dalla qualità delle musiche di autori – quali Vivaldi, Lully, Couperin, Corelli – sia dalla ricerca del suono e delle dinamiche che speriamo catturino l’ascoltatore. Il nostro approccio è di studio e ricerca, ma anche di semplice gioia e piacere che nascono spontaneamente da una musica così bella; l’apertura a tutto questo è quello che speriamo di trovare nell’ascoltatore».
Ci fornite una chiave di lettura per il programma La musica del Parnaso, che segna il vostro debutto all’Unione Musicale?
«Ci auguriamo che La musica del Parnaso non abbia bisogno di chiavi di lettura, ma che arrivi al pubblico semplicemente attraverso l’ascolto».
Intervista raccolta da Clarissa Missarelli per l’Unione Musicale