Trio Amatis, il vostro sito afferma che sentite di essere sulla strada giusta quando i vostri ascoltatori sono toccati dalla vostra musica. Quanto è importante la comunicazione nelle vostre esecuzioni?
«La musica è un linguaggio e il linguaggio è intrinsecamente progettato per la comunicazione. Per noi è un privilegio “tradurre” questi testi storici dalla partitura musicale e riportarli in vita attraverso il nostro modo di suonare. Sentiamo il dovere di comunicare al pubblico la bellezza, la gioia, il dolore e la cura dei compositori, in modo che possano partecipare all’esperienza della musica. In definitiva, metterci in comunicazione con il compositore attraverso la partitura e rivolgerci al pubblico è la nostra missione. Interpretiamo il nostro ruolo come quello del “narratore”, e i narratori hanno bisogno di ascoltatori! A differenza di un libro o di un dipinto, una partitura diventa viva solo quando viene eseguita per un pubblico e desideriamo comunicare ai nostri ascoltatori che essi sono un elemento essenziale per mantenere viva la musica».

Solo una curiosità: quando il pubblico in sala è fermo e silenzioso, quali elementi vi aiutano a capire che c’è partecipazione emotiva?
«Ognuno ha un modo unico di esprimere la propria partecipazione emotiva. Anche durante una cena con un gruppo di amici c’è una persona che si esprime facendo grandi gesti con le mani e annuendo con la testa mentre parla, mentre un’altra potrebbe mostrare la propria partecipazione ascoltando con particolare attenzione e concentrandosi intensamente. Esibirsi in concerto è una ricerca profondamente umana e mentre il silenzio e l’applauso sfrenato possono rivelare in modo esplicito il coinvolgimento emotivo del pubblico, c’è anche qualcosa di più sottile e misterioso che proviamo sul palcoscenico. Dal momento in cui ci immergiamo nell’esecuzione, iniziamo a sentire una forte connessione umana con il pubblico, che va al di là delle parole e dei gesti. La cosa meravigliosa è che man mano che questa relazione si costruisce, inizia ad avere un impatto sul modo in cui suoniamo: cominciamo a fare scelte musicali diverse ed esplorare nuove possibilità, ed è esattamente questo a rendere le esibizioni dal vivo tanto preziose e ogni concerto unico».

Avete avuto un esordio di carriera straordinariamente brillante con premi e riconoscimenti prestigiosi: come riuscite a mantenere nel tempo un livello così alto?
«Sembra un orribile cliché, ma un livello elevato può essere raggiunto e mantenuto solo se tieni davvero a quello che stai facendo. Ci sono voluti anni per capire cosa ci interessa esattamente e sappiamo che continueremo a imparare per il resto della nostra vita. All’inizio eravamo molto entusiasti di suonare insieme e ci chiedevamo se fosse questo a motivarci. Quando abbiamo ottenuto un certo successo abbiamo pensato che potesse alimentare la nostra voglia di continuare a migliorare. Nel corso del tempo, però, ci siamo resi conto che ognuno di noi ha un amore senza misura e senza compromessi per la possibilità che la musica offre di creare di bellezza e desideriamo rimanere aperti all’ascolto e all’apprendimento. Questo ci permette di rinnovare sempre il nostro sentire nei confronti della musica, ci permette di discutere e lottare per ciò in cui ognuno di noi crede, sperando sempre di puntare nella stessa direzione. Il processo non è sempre facile, ma è gratificante e ci sentiamo molto fortunati a fare ciò che facciamo».

State per raggiungere i 10 anni di attività insieme. Facciamo il punto: quali sono stati i momenti più stimolanti e quali quelli più difficili? Progetti futuri?
«In 10 anni ci sono stati molti alti e bassi. In tanti casi i momenti peggiori sono stati direttamente connessi ai momenti migliori. Nel 2018 eravamo impegnati in vari concorsi musicali, e pur essendo per noi un periodo di grande successo, miravamo a suonare perfettamente e abbiamo cercato di controllare ogni decisione e risultato musicale. Questo processo ci ha portato temporaneamente a perdere la nostra intuizione, la creatività e l’umanità, tanto che siamo arrivati a una masterclass alcune settimane dopo un concorso e ci è capitato semplicemente di non riuscire più suonare. Era come se avessimo perso l’uso del linguaggio e suonassimo le note nel modo più perfetto possibile, ma senza alcuna relazione tra noi. Dopo una settimana di masterclass ce ne siamo andati con la ferma intenzione di prenderci una pausa e quando abbiamo ricominciato abbiamo cercato un nuovo approccio. Abbiamo provato a fingere di incontrarci di nuovo per la prima volta e così facendo abbiamo riscoperto l’importanza di essere curiosi della musica e dei compositori, ma anche delle reciproche idee e le nostre orecchie… hanno ricominciato ad aprirsi!
Il fatto di dialogare e relazionarci tra noi in modo rinnovato ha significato anche accollarci dei rischi nei concerti, ma crediamo che sia l’unica via per raggiungere approcci davvero nuovi. Quando l’abbiamo fatto, con nostra grande gioia il pubblico ha potuto sentire che stavamo comunicando liberamente tra di noi e abbiamo ricominciato a… sentirci vivi! I nostri piani futuri sono di affidarci proprio a questo processo: restare aperti e curiosi, e confidare che tutto il resto si sistemerà».

Nel concerto di Torino eseguirete il Trio n. 1 in sol minore di Enescu, brano che il pubblico dell’Unione Musicale ascolterà per la prima volta. Si tratta inoltre di un lavoro che avete inciso con grande successo. Quali sono i vostri elementi preferiti in questo brano?
«Il Trio di Enescu è molto accattivante per noi, poiché sembra avere una sorta di meravigliosa crisi d’identità. È profondamente germanico e romantico, ma in qualche modo anche impressionista e colorato. I movimenti centrali sono semplici e pastorali, eppure i movimenti esterni sembrano grandiosi e ambiziosi. Si sente che questo brano è opera di un giovane compositore incredibilmente coraggioso, audace e pieno di ispirazioni raccolte da tutta l’Europa. Ci avviciniamo a questa musica con molta gioia ma anche con soggezione davanti al genio di questo straordinario compositore. Ci teniamo molto a promuovere la musica di Enescu e in particolare questo Trio, poiché merita un posto tra la musica da camera più celebrata».

Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale