Nel 2017 il Quartetto Casals festeggia un importante anniversario. Che bilancio potete fare di questi primi 20 anni di attività? Quali progetti avete nel prossimo futuro?
Quando eravamo molto giovani, un anziano quartettista ci disse che i primi vent’anni servono per imparare a “suonare insieme” e i successivi venti per imparare a “suonare separatamente”. All’epoca eravamo determinati a far coincidere tutte le nostre idee musicali fino all’ultimo millimetro mentre il suo quartetto era già nella fase successiva; allora non capivamo realmente quello che intendesse ma ora stiamo cominciando a capire. I primi vent’anni sono stati un periodo di consolidamento per scoprire la voce del quartetto, trovare il modo di lavorare insieme e di parlare di musica, stabilire le regole che guidano le nostre decisioni e solidificare la base finanziaria che ci ha consentito di dedicare tante energie artistiche al quartetto. Fortunatamente, negli ultimi anni abbiamo cominciato a esplorare le possibilità creative di questo consolidamento, per iniziare quindi a “suonare separatamente”: ci permettiamo più variazioni tra le voci, pianifichiamo meno ciò che accadrà sul palco e siamo più flessibili nel modo in cui prendiamo le decisioni. Fino al 2020, il progetto principale sarà il nostro ciclo Beethoven insieme alle sei opere che sono state commissionate per accompagnare l’integrale dei Quartetti: un progetto che stiamo anche registrando per Harmonia Mundi.
Quali opportunità regala questa full immersion nel mondo di un unico compositore?
Immergersi nel mondo di Beethoven ci ha permesso di ammirare ancora di più il suo genio straordinario e l’incredibile umanità. Non riesco a pensare a nessun altro esempio di compositore che abbia avuto un’evoluzione artistica così evidente, in cui la musica abbia percorso una tale distanza dai suoi inizi relativamente convenzionali (i lavori senza numero d’Opera) al successo raggiunto con lo stile settecentesco (i Quartetti op. 18) ai sinfonici Quartetti Razumovsky, fino ai capolavori assolutamente unici degli ultimi Quartetti.La combinazione di pathos e umorismo, dramma e intimità, di rigore formale ed espressione esplicita e diretta è ineguagliabile ed è un grande privilegio poter approfondire questo mondo per un lungo periodo di tempo; si apprezzano sia le connessioni tra le varie opere sia l’individualità di ogni Quartetto.
Come sono stati scelti gli autori contemporanei che eseguite insieme a Beethoven?
Come primo quartetto spagnolo di statura internazionale, volevamo scegliere compositori della nostra generazione, provenienti da paesi del Mediterraneo e che, come noi, potessero avere una prospettiva nuova e fresca sulle opere di Beethoven. Abbiamo cercato di coinvolgere un’ampia gamma di stili, dalla musica improvvisata di Lucio Amanti al post-Schönberg di Benet Casablancas, e tutte le gradazioni stilistiche intermedie.
Quali sono le migliori strategie per attirare nuovo pubblico (specialmente giovani) ai concerti di musica classica?
In Spagna non abbiamo la lunga tradizione di concerti di musica da camera che si trova in Germania o in Austria, ma il pubblico tende a essere più giovane, entusiasta, aperto e interessato a sperimentare qualcosa di nuovo. Naturalmente i concerti devono essere accessibili fisicamente ed economicamente, ma alla fine, la strategia migliore è quella di essere onesti e, attraverso l’amore per questa forma artistica, mostrare alle persone che non sono ancora state esposte alla sua grandezza, quanto essa sia profondamente significativa.
Intervista raccolta da Gabriella Gallafrio per l’Unione Musicale
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