Che cosa significa per il vostro gruppo la parola “ribelle”?
«Questa è una di quelle domande che ci fanno molto spesso! La parola “ribelle” per noi è la voglia di allontanarci dalla canonicità della musica vocale: ricerchiamo continuamente, insieme alla componente elettronica (il “Bit” appunto), un sound che ci rappresenti totalmente».

Il suono di Rebel Bit è molto diverso rispetto a quello dei gruppi a cappella tradizionali. Quando ascoltiamo le vostre interpretazioni, tutti i suoni provengono dalle vostre voci modificate ad arte dal sound designer Andrea Trona oppure ci sono delle aggiunte?
«Tutti i suoni cantati che si possono ascoltare nei nostri due album ( “Paper Flights” e “COME” ) e nei nostri live sono principalmente provenienti dalla nostra voce. Talvolta Andrea li rielabora in “loop” (piccole ripetizioni melodiche) che durante la composizione si sommano al nostro quartetto vocale. Con la sua grande capacità e competenza riesce a creare rielaborazioni elettroniche che ci accompagnano nel viaggio musicale: è a tutti gli effetti il quinto membro del gruppo».

Come scegliete il vostro repertorio? C’è una canzone con la quale vi identificate particolarmente?
«Quello che ci muove è la grande voglia di produrre musica originale, scritta e arrangiata da noi. Cantare brani scritti da altri artisti ci sta facendo crescere tantissimo (Niccolò Fabi, Lucio Dalla, Muse e Damien Rice per citarne alcuni) ma crediamo che l’identità artistica passi soprattutto attraverso le note e la penna dei componenti del gruppo; questo ci fa sentire davvero parte di qualcosa di nostro, che non vediamo l’ora di far ascoltare al pubblico. “Not a Fairytale” è proprio questo: una magnifica storia tratta da una leggenda irlandese, un brano originale che abbiamo creato tutti insieme».

Intervista raccolta da Liana Püschel per l’Unione Musicale