In 50 anni di attività il vostro gruppo ha cambiato i membri ma ha mantenuto una identità riconoscibile: in che modo avviene il “passaggio di testimone” con i membri più anziani prima che siano sostituiti?
Questa è davvero una buona domanda. Non esiste un regolamento ufficiale cui aderire per essere un King’s Singers, ma vorremmo che ogni nuovo membro sottoscriva un insieme di valori fondamentali: che vogliamo fare la migliore e più potente musica possibile; che ci sentiamo molto privilegiati di essere parte di un patrimonio corale così importante (ed è ciò che vogliamo celebrare quest’anno); e che, nel nostro mondo in continua evoluzione, vogliamo restare connessi nella maniera più significativa possibile con il nostro pubblico attraverso la musica.
Gli ex King’s Singers restano in contatto con il gruppo? Come collaborano con i nuovi arrivati?
Siamo sempre in contatto con ex membri del gruppo, e sono relazioni che amiamo. Recentemente Bob Chilcott (vera e propria leggenda corale e ex tenore del gruppo) è venuto con noi in America come ospite in residence della nostra scuola estiva; Simon Carrington e Bob ci stanno dando un’enorme aiuto per la realizzazione del nostro concerto alla Carnegie Hall del prossimo aprile. Gli ex King’s Singers sono artisti di incredibile talento e vogliamo assolutamente capitalizzare le loro abilità.
Che margine di novità/creatività vi è permesso introdurre nella vita e nell’organizzazione del gruppo?
È un tema importante che ci vede riflettere sempre su come possiamo rendere i King’s Singers ancora migliori. Ci sono sempre piccoli aggiustamenti che si possono fare per rendere più facile la vita mentre ci muoviamo, pensiamo a dove siamo, a che cosa mangiamo, come stiamo viaggiando. Ma forse l’ambito più importante in cui possiamo portare innovazione è la nostra musica. Il gruppo è diventato famoso soprattutto perché è stato rivoluzionario nel modo in cui ha preso musica popolare e l’ha rielaborata affinché potesse essere apprezzata attraverso la lente del canto a cappella. Oggi abbiamo l’obbligo di proseguire in questa direzione.
Siete perfetti in tutto: dal canto all’abbigliamento, dal modo in cui entrate sul palco a come salutate prima di uscire di scena. C’è uno staff che vi segue riguardo a questi aspetti? Quanto conta la cura dell’esteriorità sulla definizione della vostra identità?
Grazie! Abbiamo un bel team di persone in tutto il mondo che si occupano di noi e si assicurano che le nostre vite scorrano nel modo migliore possibile. Detto questo, abbiamo il controllo creativo di tutto ciò che facciamo. È una delle cose più importanti per noi, come artisti. Ognuno ha i propri gusti su tutto, abbigliamento compreso, e vogliamo riflettere questa varietà, ed è uno dei motivi per cui anche i nostri programmi rimangono così variegati. Non solo perché risponde allo spirito originario dei King’s Singers, ma anche perché ognuno di noi ha i suoi gusti anche per quanto riguarda la musica, e questo ci aiuta a dare forma al repertorio che eseguiamo.
Come avete selezionato i brani del programma GOLDEN 50 all’interno del vostro vastissimo repertorio? C’è un filo rosso che lega i brani?
La selezione dei brani per il nostro nuovo album, Gold, che celebra cinquant’anni dei King’s Singers, è stata una vera sfida. Abbiamo così tanta musica incredibile a portata di mano: non solo quella che è stata scritta per noi negli ultimi cinque decenni, ma quella che è stata scritta per voci a cappella negli ultimi… 500 anni! Nel cd volevamo rispecchiare l’ampiezza di questo repertorio, catturando molti dei pezzi che hanno contribuito a definire finora la nostra storia. Il fil rouge che lega ogni brano è che si tratta sempre di grande musica. Semplice!
(Per i King’s Singers ha risposto Jonathan Howard)
Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale
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