Maestro, la scorsa stagione il Quartetto di Cremona ha iniziato a Torino l’integrale dei Quartetti mozartiani, progetto che avete realizzato anche presso la Società del Quartetto di Milano, e avete da poco pubblicato il sesto volume dell’incisione di tutti i Quartetti di Beethoven (per Audite). Quali opportunità regala la full immersion nel mondo di un compositore, come accade per un’esecuzione integrale? Quali invece le insidie?
Le insidie non sono molte, direi piuttosto solo una, aimè fatale… quella di non trovare una chiave interpretativa della partitura e non riuscire quindi a sviluppare un’idea convincente attraverso cui interpretare ciò che si suona. Ecco perché un’ integrale va pianificata con largo anticipo e maturata attraverso lo studio, la conoscenza del compositore attraverso i suoi lavori (e non solo quelli legati al quartetto), le prove di esecuzioni, le registrazioni etc. Non bisogna mai dimenticare che le opere in questione sono il frutto di un enorme lavoro da parte di persone straordinarie che non ammettono superficialità.
Detto questo vi è, tra le varie, una grande ed unica opportunità nell’affrontare un’integrale che si manifesta via via e che diventa chiara solo nel tempo, spesso a posteriori, ed è l’opportunità di crescita musicale tecnica ed umana che solo un lavoro così articolato e complesso offre. Non si è più le stesse persone dopo due, tre anni di lavoro così.
Come è possibile mantenere un’identità sonora di insieme affrontando repertori diversi (da Haydn alla musica contemporanea) come capita a voi?
Non saprei spiegarlo tecnicamente. Ricordo il nostro maestro Farulli ci disse di quanto fossimo fortunati, noi quattro, così diversi in tutto, ad avere un’identità sonora ben definita. Meglio così. Il resto è solo lavoro e studio.
Perché consigliereste a una persona che non ha mai ascoltato un Quartetto di Mozart di venire a concerto?
Perché abbiamo tutti voglia e desiderio di qualcosa di bello che ci faccia star bene. Tutti. E sono poche le cose che possono riuscirci. Mozart è tra quelle. È magico. Fa stare benissimo pur senza dover far nulla. Basta sedersi, chiudere gli occhi ed ascoltare. Non occorre nessuna e ripeto nessuna preparazione specifica. Solo la voglia di star bene. E ha un grande vantaggio: dopo il concerto si può tranquillamente guidare la macchina senza pericolo di incorrere in un controllo “alcolico”!
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