Lapsus Lumine arriva per la prima volta all’Unione Musicale. Per chi non vi conosce, ci raccontate come è nato il vostro gruppo?
Erika Sollo: «Lapsus Lumine è nato nell’estate del 2017: quando Erika propose a Stefano di fare a breve un concerto in trio con contrabbasso e due voci, Stefano rilanciò con un’idea a cui pensava da tempo, e cioè un progetto in cui il suono di ben tre voci femminili si intrecciasse con quello del contrabbasso, dando vita a una sonorità inconsueta. In pochi giorni Stefano scrisse nuovi brani e riarrangiò altri pezzi suoi o di altri compositori, per l’organico in quartetto, che presentammo in concerto un paio di settimane dopo. Il risultato piacque talmente a noi e al pubblico che decidemmo di continuare a lavorare insieme fondando Lapsus Lumine. Oltre al nostro primo repertorio, negli anni successivi abbiamo lavorato a un progetto dedicato al compositore americano Moondog, che amplia l’organico a sestetto, con l’aggiunta di due grandi musicisti come Ernst Reijseger al violoncello e Jim Black alla batteria.
Nel 2020 è nato invece Lapsus a Schema Libero, un nuovo repertorio, che vede come ospite il thereminista e polistrumentista Vincenzo Vasi, e che è dedicato all’enigmistica e ai giochi letterari di parole».

Qual è l’origine del vostro nome?
Giulia DeVal: «Il nome ha subito diverse variazioni nel tempo prima di arrivare alla sua forma definitiva, ma la parola “lumine” è sempre stata presente, ed è legata anche al titolo del nostro pezzo “Lumen”, incluso nel programma che eseguiremo il 12 aprile.
Forse la mutevolezza della luce, che nasce dalla somma dei diversi colori dello spettro, è ciò che più si avvicina alla giostra armonica creata dalle tre voci insieme con il contrabbasso. Il lapsus è un errore, una caduta, uno scivolamento, ciò che significa Lapsus Lumine è quindi “Scivolamento nella luce”. Il latino può sembrare aulico, ma si tratta in fondo di un gioco di parole… ci sembrava divertente».

Dal punto di vista musicale quali sono i vostri punti di riferimento? Quali sono invece le vostre peculiarità?
Stefano Risso: «Il gioco che ci ha coinvolto fino dall’inizio è contrapporre la semplicità dell’organico alla sua peculiarità che vede uno strumento basso farsi contraltare di tre voci femminili: due registri totalmente differenti in continuo scambio. Personalmente, quando penso ad un nuovo progetto cerco di evitare qualsiasi punto di riferimento. Provo ad immaginarmi una musica nuova, cercando anche di sorprendere me stesso. Chiaramente, nel 2022 non è facile immaginarsi qualcosa di nuovo, ma già l’idea di partire da un organico inconsueto come questo (che non avevo mai ascoltato prima) mi è parso un buon modo per avvicinarsi ad un suono “nuovo” o almeno originale. Un esempio di quanto il passato e la nostra conoscenza musicale ci influenzi anche involontariamente, senza che ci andiamo a cercare dei riferimenti, è stato quando Giorgio Li Calzi, direttore del TJF, ha visto, lampante, nella musica di Lapsus Lumine un legame con Moondog e ci ha proposto di lavorare a quello che poi è diventato Moondog project, una produzione del TJF (e molto altro). All’epoca io non conoscevo bene la musica di Moondog eppure la sua poetica era chiara in quello che stavo scrivendo.
In ogni caso scrivere per Lapsus Lumine per me è stata sempre una grande palestra di sperimentazione per la scrittura in contrappunto: appositamente non c’è uno strumento armonico nell’organico. Mi ha dato la possibilità di modellare un suono moderno usando la forma contrappuntistica in tutte le sue accezioni».

Spesso nei vostri brani inserite giochi verbali che coinvolgono letteratura, poesia, espressioni quotidiane e persino enigmistica. Sarà così anche “D’incanto”, il programma che presentate all’Unione Musicale? Ci parlate di questo programma che vi riporta alle vostre origini come tipo di formazione?
Stefano Risso: «I giochi verbali sono da sempre stati una peculiarità di Lapsus Lumine. Non a caso, uno dei nostri primi brani si intitola “Lumen” ed è stato scritto per la colonna sonora di un documentario che ha come soggetto la dislessia. In quel brano il testo è stato scritto così come si fa consuetamente per una canzone, ma dal vivo le sillabe, nella maggior parte delle strofe, diventano intercambiabili: esattamente come fa la mente di un dislessico quando, cercando delle soluzioni ad un testo ne crea di differenti, spesso privi di significati espliciti, ma con immaginari molto più sorprendenti.
Tutto il percorso di ricerca sulla scrittura dei testi di Lapsus Lumine poi culmina nel repertorio “Lapsus a schema libero”. Qui, per esempio, si trova un brano palindromo, sia nel testo che nella melodia, la quale è costituita da due melodie che funzionano in contrappunto e una è l’inverso dell’altra.
Il programma che presentiamo per l’Unione Musicale è un programma misto con brani tratti dal repertorio enigmistico (ad esempio “PirataVapore” che è l’anagramma, sia nelle liriche che nella musica, di “Povera Patria” di Franco Battiato), alcuni brani tratti dal repertorio del “Moondog Project” e altri che invece fanno parte del primo repertorio di Lapsus Lumine.
Per questa serata abbiamo previsto un unico brano non scritto da noi. Si chiama “La Chiara realizzazione di Ryonen”, è un brano dei Franti, gruppo storico del punk torinese ed italiano. È una canzone che ho sempre amato perché possiede una semplicità ed una potenza straordinarie. L’avevo proposto durante le prime prove del gruppo e da allora è entrato a far parte del nostro repertorio».

Che effetto vi fa esibirvi su un palcoscenico normalmente deputato all’ascolto della musica classica? Che pubblico vi aspettate di trovare?
Sabrina Oggero Viale: «Ne siamo molto felici e di certo anche emozionati. È una bellissima opportunità, che desideravamo da tempo, e per la quale ringraziamo l’Unione Musicale.
Ci aspettiamo di trovare un pubblico curioso, disposto a lasciarsi trascinare dalle voci e dal flusso compositivo. Desteremo forse un po’ di stupore, ma ci auguriamo di accompagnare i nuovi ascoltatori in un piacevole voyage sonoro, libero dai confini di genere».

Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale