Il Trio di Parma eseguirà per l’Unione Musicale, nel corso di due stagioni, l’integrale dei Trii di Brahms, progetto che realizzate anche in altre città italiane. Quali opportunità regala l’immersione in un’esecuzione integrale?
«Avere la possibilità di approfondire in un unico progetto l’intero arco compositivo di un autore geniale come Brahms è tanto eccitante e appagante per l’esecutore quanto coinvolgente per l’ascoltatore. Si ha inoltre l’occasione di comprendere a fondo il suo percorso musicale in una visione più ampia, storica e culturale: dall’eredità schumanniana a un ideale passaggio di testimone con Schönberg, Berg e oltre. In particolare nei Trii si va dall’op. 8, un trio giovanile che l’autore ha ripreso e profondamente rivisto nell’ultimo periodo della sua vita, al Trio per clarinetto op. 114, forse il suo testamento cameristico insieme al Quintetto op. 115».

Nel primo concerto di mercoledì 14 dicembre ci sarà anche Alessandro Carbonare per il Trio con clarinetto; avete già suonato con lui? È difficile integrare un elemento esterno in una formazione così compatta come la vostra?
«Suoniamo con Alessandro ormai da diversi anni, insieme abbiamo eseguito spesso anche il Quatuor pour la fin du temps di Messiaen e l’op.11 di Beethoven. È un musicista straordinario: il suo talento, la sua intelligenza e il suo suono sono sempre preziose occasioni di riflessione musicale».

In programma avete inserito anche il Secondo trio di Gianluca Cascioli. Perchè questa scelta? Affrontate spesso brani del repertorio contemporaneo?
«Certo, quando siamo d’accordo con l’istituzione cerchiamo di inserire sempre un brano di musica moderna o contemporanea: Zimmermann, Kagel, Kurtag, De Pablo, Rihm fino ad arrivare ai nostri italiani Caprioli, Franceschini e Colasanti. Questo concerto ad esempio è una bellissima occasione per presentare il nuovo Trio del grande pianista Cascioli, un brano vincitore di un concorso dedicato esclusivamente alla composizione per trio con pianoforte e organizzato dal Cidim. Esperienze importanti come questa incoraggiano i giovani compositori ad affrontare una formazione cameristica, quella appunto del trio, che ha avuto una minore frequentazione rispetto al quartetto d’archi, nei compositori dell’ultimo secolo».

Qual è il vostro rapporto con i social media?
«Personalmente sono distante da quel mondo anche se capisco che possano essere un utile mezzo di comunicazione. I miei colleghi sono più bravi di me su questo fronte… a volte mi sento un vero e proprio dinosauro!»

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