Maestro Bellarosa, come è nato il programma Bach Beyond?
«Questo programma nasce da una nostra volontà di confronto con la musica di Bach: un musicista nel corso della sua carriera non può non affrontare questo pilastro della musica. Oltre all’omaggio al compositore tedesco, volevamo intraprendere un viaggio, sia temporale sia geografico, mettendo a confronto la musica di Bach con compositori contemporanei che si sono ispirati a questo immenso repertorio. Autori di oggi che, rifacendosi alle tecniche del contrappunto e alla forma della fuga, hanno trovato una loro strada rileggendo le strutture bachiane alla luce del presente».

 Quali autori contemporanei avete scelto per accostarli alla musica di Bach?
«Tra gli autori contemporanei abbiamo scelto Steve Reich, con New York Counterpoint, un brano del 1985 scritto originariamente per clarinetto e nastro. Lo eseguiamo nella trascrizione di Susan Fancher per quartetto di sassofoni e nastro che ripropone, nella registrazione, le tracce di altri dodici sassofoni.
Tranceformer è invece un brano scritto appositamente per quartetto di sassofoni. Con il suo autore, il pianista tedesco Kai Schumacher, collaboriamo anche per altri progetti; per questo ha dedicato al SIGNUM questa sua nuova composizione. Nasce come brano minimalista ed è strutturato da piccole cellule che vengono proposte di volta in volta dai quattro strumenti attraverso una rigorosa scrittura contrappuntistica.
Il terzo autore è David Maslanka, compositore americano di origine polacca scomparso pochi anni fa, di cui eseguiamo tre brani da Recitation Book. Maslanka parte da due Corali di Bach e da un canto gregoriano ed elabora in netto contrasto una armonizzazione del tutto attuale e moderna».

Confrontarsi con pagine dei grandi compositori del passato è sicuramente una grande sfida. Che effetto fa suonare Bach con strumenti che alla sua epoca non erano nemmeno nati?
«In realtà non ci siamo mai posti questa domanda. Suoniamo la musica di Bach ormai da diversi anni ed è ovvio che con i sax questo repertorio risulti immediatamente moderno; non trascuriamo però l’aspetto filologico attraverso lo studio attento delle partiture da cui elaboriamo le trascrizioni, l’ascolto delle registrazioni dei brani eseguiti nelle formazioni originali e un’esecuzione che tiene conto dello stile sia nell’espressività timbrica sia nell’articolazione delle frasi. Eseguire con i sax queste musiche, che hanno vita propria e vivranno per l’eternità, è in realtà un modo per donare a esse una nuova luce».

 

Intervista raccolta da Gabriella Gallafrio per l’Unione Musicale