Erica Piccotti e Leonardo Pierdomenico, com’è nata la vostra collaborazione? Qual è il punto di forza del vostro lavoro insieme?
Pur essendo un duo giovane (infatti lavoriamo insieme solo da un paio d’anni) tra di noi c’è stata subito intesa, un elemento fondamentale per la realizzazione di un progetto cameristico. Inoltre consideriamo i nostri punti di forza la voglia concreta di crescere insieme, attraverso un continuo scambio di idee artistiche, e la grande onestà intellettuale che c’è tra di noi.

Il vostro percorso artistico vi vede impegnati anche come solisti e con orchestre. Che cos’ha di speciale per voi la musica da camera?
Il costante dialogo tra gli strumenti crea un’atmosfera intima, raccolta, talvolta salottiera. Ed è questo che la contraddistingue. La musica da camera è speciale per la bellezza di poter condividere le emozioni di salire su un palco e per il confronto continuo che ci sprona sempre a tirar fuori il meglio l’uno dall’altro.

Erica Piccotti, ha dichiarato in un’intervista che cerca di non inspirarsi troppo ad altri violoncellisti per non influenzare il suo suono. Come descriverebbe il suo suono? Che cosa ricerca?
Non è proprio così: quello che intendevo dire è che nell’approccio ad un nuovo brano tendo a non ascoltare altre interpretazioni per non farmi influenzare anche solo inconsciamente. Non sono alla ricerca di un unico tipo di suono, ma cerco sempre di immaginare quello che avrebbe desiderato il compositore.

Leonardo Pierdomenico, qual è il primo ricordo che ha legato al suo strumento? E qual è il più bello?
Mi ricordo di un pianoforte giocattolo: ero molto piccolo, avevo circa 3 anni ed era il compleanno di mia nonna. Riuscii a suonare ad orecchio qualche nota del “tanti auguri a te”, ma c’era molta confusione e quasi nessuno se ne accorse. Anche se i primi contatti veri con un pianoforte sono avvenuti dopo, ricordo questo episodio sempre con un sorriso. Il più bel ricordo invece è forse legato al Premio Venezia: vincere così giovane in un contesto cosi importante ha sicuramente segnato il mio percorso e lo ha cambiato per sempre.

Il programma del concerto al Teatro Vittoria per Unione Musicale del 17 luglio, prevede oltre a Strauss e Schumann, I nottambuli op. 47 di Mario Castelnuovo-Tedesco. Quali sorprese ci aspettano dall’ascolto di questa pagina? In che modo dialoga con i brani ottocenteschi che completano il programma?
Castelnuovo-Tedesco è certamente un compositore sottovalutato. Celebre soprattutto per le musiche da film, la sua musica da camera è ugualmente (se non più) interessante perché intrisa di motivi popolareschi e atmosfere sognanti che derivano da una grande ricercatezza e varietà armonica. La dimensione del sogno lo avvicina al carattere dei Fantasiestuecke op.73 di Schumann, mentre la raffinatezza armonica e la ricerca timbrica sia sul violoncello che sul pianoforte è una caratteristica che si lega bene a Strauss.

Qualche rapido botta e risposta.

Se i vostri strumenti avessero un gusto, quale sarebbe?
Leonardo: probabilmente un gusto agrodolce
Erica: speziato

Se fossero delle persone, che carattere avrebbero?
Leonardo: lunatico
Erica: appassionato

Se doveste associare il vostro strumento ad una stagione, quale sarebbe?
Leonardo: L’inverno
Erica: L’autunno

Un medium può mettervi in contatto con un grande compositore o musicista del passato, chi scegliete? Perché?
Leonardo: Johann Sebastian Bach, solo per ringraziarlo per quello che ci ha lasciato.
Erica: vorrei incontrare Brahms per chiedergli di scrivere finalmente un concerto per violoncello e orchestra!

Intervista raccolta da Clarissa Missarelli per l’Unione Musicale