Come nasce Soqquadro Italiano?
Soqquadro Italiano è un progetto musicale che ho creato insieme a Vincenzo Capezzuto ed è nato per costruire un “luogo” in cui far confluire le nostre molteplici esperienze artistiche: la danza e il canto per Vincenzo e il teatro e la musica per me. Da tempo vedevamo che molti gruppi musicali europei basavano gran parte del loro lavoro sullo sterminato repertorio barocco e tradizionale italiano, così ci siamo detti: «Perché non farlo anche noi?»
L’idea, inoltre, era quella di creare una realtà che fosse uno spazio di sperimentazione non solo artistico ma anche di ricerca di modalità innovative di produzione musicale. Soqquadro significa letteralmente mettere sottosopra, confusione, portare scompiglio: per noi, in realtà, significa guardare le cose da un punto di vista diverso.
I vostri progetti si caratterizzano per un continuo dialogo tra antico e moderno: si riscontra anche in Who’s afraid of Baroque? In che modo?
Tutta la musica che viene prodotta, indipendentemente dal genere, è in continuo dialogo con il passato. Luciano Berio, in Intervista sulla musica afferma che le opere musicali non si coprono di quella «vernice dei maestri», di quella «vernice di vecchio violino», di quella vernice del tempo, insomma, che colloca l’arte del passato a una certa distanza da noi. Le grandi opere musicali del passato vanno «rifatte» e reinterpretate continuamente, anche a costo di trascriverle e di farle risuonare su strumenti complessivamente diversi. È nella loro stessa natura che questo avvenga.
Who’s afraid of Baroque? è un viaggio all’interno del Seicento italiano, in quel dedalo che sono i dialetti italiani; un viaggio tra lazzi della commedia dell’arte, tra arie popolari e colte e improvvisazioni su bassi ostinati. È un progetto che ormai portiamo in giro da anni, in Germania, Russia, Spagna: il 26 marzo per noi, a Torino, sarà un po’ come tornare a casa.
In che cosa consiste il lavoro di regia musicale che è alla base dei vostri progetti?
Il lavoro consiste principalmente nel mettere in relazione alla musica elementi che non appartengono all’ambito strettamente musicale ma che arricchiscono il percorso dell’ascoltatore all’interno del fluire del concerto, portando anche alla luce sfaccettature inaspettatamente nuove della musica proposta.
Come vi siete avvicinati alla musica antica? Quali stimoli può ancora dare all’ascoltatore contemporaneo?
L’avvicinamento alla musica antica è stato molto naturale e per certi versi anche casuale; inoltre eravamo in un momento favorevole ad accogliere nuovi stimoli e lanciarci in nuove sfide. Per quanto riguarda l’ascoltatore contemporaneo credo che la musica antica in genere abbia ancora molto da dire.
Che cosa può essere utile per favorire il contatto del pubblico (in particolare giovane) con questo genere di musica?
Per favorire il contatto con il pubblico bisognerebbe davvero abbandonare le ritualità del concerto dal vivo, ridisegnando modalità nuove di fruizione musicale e favorendo anche un’offerta musicale che guardi alla sperimentazione e all’innovazione.
Intervista raccolta da Gabriella Gallafrio per l’Unione Musicale
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