Mercoledì 13 ottobre vi esibirete per la prima volta a Torino. Per chi non vi conosce, diteci tre buoni motivi per venire al vostro concerto…
«Di buoni motivi ce ne sono tanti, ma indichiamo quelli per noi più significativi.
Il primo è il fatto che il nostro trio condivide la musica con dedizione e in maniera univoca, come succede solitamente con i quartetti d’archi, mentre i trii con pianoforte spesso sono formati da solisti.
Poi vi invitiamo a venire ad ascoltare il Trio n. 3 di Dvořák: è un’opera di grande energia orchestrale. Crediamo che gli ascoltatori rimarranno stupiti dall’energia che può essere generata da “solo” tre strumenti!
Infine, secondo noi, ascoltare musica da camera significa ascoltare più profondamente la musica tout court, perché la musica da camera è il macrocosmo e il microcosmo della musica, la base di tutti gli elementi della musica: stile, armonia, struttura ed… emozione!»
Siete stati il primo gruppo giapponese (e uno dei pochi trio con pianoforte) a vincere il Concorso ARD di Monaco. Quali buone pratiche consigliereste ai giovani musicisti che vi guardano come un modello?
«Per noi è molto importante condividere con tra noi ciò che pensiamo del fraseggio e durante le prove analizziamo con cura delle strutture del pezzo. Non potremmo suonare insieme con intensità e profondità se non condividessimo questo tipo di idee!
Vorremmo anche raccomandare ai giovani che vogliono dedicarsi alla musica da camera di ascoltare molti tipi di musica: orchestrale, musica per balletto, opera e così via. Ed infine crediamo che sia fondamentale anche il miglioramento costante della tecnica, poiché la musica da camera richiede abilità strumentale di alto livello. A questo proposito secondo noi è molto utile esercitarsi a suonare non solo il repertorio cameristico, ma anche pagine solistiche, come i concerti o i brani virtuosistici di Paganini».
Provenite dal Giappone ma vi siete trasferiti di recente a Berlino. Secondo voi c’è differenza tra il modo orientale e quello occidentale di suonare, interpretare e ascoltare la musica? Cosa vi affascina della cultura musicale occidentale?
«Ogni persona interpreta la musica in modo diverso, ma notiamo che molte persone in Europa sono più aperte nel condividere i propri pensieri rispetto a quelle giapponesi. Lo stesso vale per il pubblico: la reazione di chi ascolta qui in Europa viene espressa con molta comunicativa nei confronti degli interpreti. Abbiamo inoltre l’impressione che le esecuzioni europee sono più libere e audaci di quelle giapponesi.
La musica classica non è familiare alla maggior parte dei giapponesi, invece in Europa si trovano le case in cui i compositori vivevano e puoi sentirti vicino a loro ovunque. Pensiamo che sia una cosa meravigliosa!»
Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale