Quali sono stati gli elementi positivi e quali le difficoltà che hai dovuto affrontare nel corso dei vari step per la realizzazione del progetto Camera delle Meraviglie pensato per essere fruito dal pubblico online? Chi/che cosa ti è stato particolarmente di aiuto?
«Partiamo dagli elementi positivi. Realizzare questo progetto mi ha permesso di conoscere un mondo, quello della registrazione, che a me era abbastanza oscuro, facendomi sperimentare ciò che significa stare in uno studio. Credo inoltre che quest’esperienza abbia contributo a creare maggior coesione tra di noi musicisti: un aspetto positivo per un quartetto neonato come il nostro, che non è affatto scontato. Devo ammettere che non è stato facile vedere la platea vuota e condividere palco con telecamere, cavi e microfoni, ma pian piano abbiamo iniziato a sentirci a nostro agio e a divertirci.
La difficoltà iniziale è stata organizzare le prove nel rispetto delle norme che la situazione ci impone. Mascherine e distanze non sono l’ideale per eseguire musica da camera, ma ci siamo adeguati. Per fortuna, il Quartetto di Schumann è una pagina di una bellezza tale da far svanire qualunque disagio…»
Che cosa è cambiato (sia dal punto di vista musicale sia umano) rispetto al lavoro fatto per il concerto Camera delle Meraviglie che avresti dovuto realizzare dal vivo?
«Per quel che mi riguarda, il lavoro di preparazione durante le prove non è cambiato, ma la giornata di registrazione è stata molto diversa da come sarebbe stata se ci fosse stato il concerto dal vivo. La gestione dell’energia è completamente differente: registrare significa avere altri aspetti sotto controllo, oltre a quelli musicali, e accettare la presenza di una telecamera puntata, a volte, molto vicino. Inoltre, talvolta ci sono dei tempi morti tra una ripresa e l’altra, e non è semplice ritrovare la concentrazione, perché la situazione o lo stato d’animo influisce sul modo di fare musica. È buffo, ma per esempio ci siamo sopresi del fatto che uno stesso brano, registrato sia prima sia dopo pranzo… suonava in modo completamente diverso! Ovviamente in un concerto “vero”, dal vivo, la concentrazione si mantiene dall’inizio alla fine dell’esecuzione. Quando siamo sul palcoscenico in circostanze normali, dopo aver poggiato l’arco sulle corde, non facciamo altro che pensare alla musica e a liberare ciò che vogliamo trasmettere, fino all’ultima nota e sono solo gli applausi che ci riportano alla realtà!».
Il progetto Camera delle Meraviglie ha riguardato anche alcuni aspetti del backstage che solitamente restano non visibili (arrivo in teatro, prove, discussioni…). Sono aspetti interessanti per far capire al pubblico cosa c’è dietro ad una esecuzione? Perché?
«Il mondo della musica classica è caratterizzato da una grande sacralità e ritualità e credo che qualche spettatore possa esserne intimorito. Gettare lo sguardo dietro le quinte può far capire che la nostra quotidianità, in realtà, è fatta di sorrisi, discussioni, scherzi, come quella di tutti i ragazzi!
L’esecuzione di un brano in un concerto è un po’ come un iceberg, di cui è visibile solamente la punta: tutte le esperienze personali e il lavoro fatto insieme vanno a costruire il risultato finale. Credo che mostrare qualche aspetto del backstage sia d’aiuto per coinvolgere il pubblico, riducendo la distanza tra il palcoscenico e chi assiste all’evento».
Ritieni che questo tipo di iniziative possano essere utili ad avvicinare il pubblico anche dopo l’auspicabile ripresa dei concerti dal vivo? Consiglieresti l’ascolto ad un amico/a?
«Assolutamente sì! È fondamentale trovare lo spazio per la musica anche nel mondo digitale. Con questa affermazione, però, non intendo dire che i concerti dal vivo possano essere rimpiazzati dalle registrazioni. Si tratta infatti di esperienze molto diverse, con scopi diversi, che però possono essere complementari. Il concerto in streaming è necessario in un momento come quello presente, in cui al pubblico è vietato l’accesso ai teatri, ma l’esperienza dal vivo è insostituibile.
Un progetto di divulgazione musicale online, invece, può servire a far conoscere degli aspetti che normalmente lo spettatore non vedrebbe in teatro o, magari, potrebbe incuriosirlo ancor di più prima dell’evento dal vivo ed invogliarlo a partecipare al concerto. Così come guardare un documentario sulle Dolomiti non sostituisce l’esperienza di una camminata in montagna, ma al massimo fa venire ancora più voglia di prendere una boccata di sana aria fresca!»
Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale