Qual è stato (e qual è tuttora) il ruolo della musica nel tuo sviluppo personale?
La musica è sempre stata una presenza quotidiana nella mia vita, dalle primissime esperienze di ascolto, alla scelta del pianoforte, agli anni di studio e alla professione. È contemporaneamente il fine e il mezzo: il fine ultimo di tutte le esperienze vissute, e il più perfetto mezzo d’espressione delle stesse.
Quando e perché hai scelto di diventare un musicista professionista?
La parola “scelta” presupporrebbe un’alternativa valida che non mi riesce di individuare. Non ho deciso di diventare un musicista, è semplicemente un’esigenza che è cresciuta con me, e quando ho capito quanto fosse irrinunciabile, mi sono anche reso conto che lo era già da tempo. È anche però il frutto di una mole enorme di lavoro, certamente appassionato, ma anche spinto da forza di volontà, ogni giorno. Credo che, se di “scelta” dobbiamo parlare, si scelga ogni giorno di essere musicisti, come dire appunto che non si sceglie mai.
Che cosa desidereresti per il tuo futuro di musicista?
Per il futuro mi auguro di poter dar vita a progetti, possibilmente in collaborazione con altri musicisti. La musica da camera, vocale e strumentale, mi ha permesso di conoscere e collaborare con persone diversissime tra loro, ognuna capace di mettere in gioco la propria peculiare perfezione. Mi auguro di poter continuare sempre in questa direzione.
Che cosa ti piace ascoltare?
Ascolto moltissima musica, ma ammetto che la percentuale di musica pianistica è davvero bassa. Dedico spesso il mio tempo libero alla musica sinfonica, alla letteratura per quartetto d’archi e alla musica da camera in genere. Il repertorio liederistico gode infine di una speciale predilezione da parte mia. Al contrario, detesto la musica di sottofondo, nella maggioranza dei casi piuttosto noiosa e opprimente, se non avvilente.
Che cosa diresti per convincere qualcuno a frequentare i concerti di musica classica?
Come ascoltatore di musica, l’esperienza che prediligo in assoluto è sicuramente il concerto dal vivo: solo il concerto (e non gli inutili video guardati sul telefono!) permette all’ascoltatore di cogliere l’aspetto più pratico e semplice del fare musica, che è anche il suo aspetto più umano, grazie al contatto diretto con i musicisti. È un’esperienza irripetibile, cosa quanto mai rara al giorno d’oggi.
Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale
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