«Aeroporto di Monaco. Sono al gate per l’imbarco del volo per Venezia. Ed è lì che per caso incontro Mario. Lui pure s’imbarca per Venezia con quello stesso volo. Altra combinazione fortunata: siamo seduti vicini. Un incontro inaspettato ovviamente, ed altrettanto ovviamente gradevolissimo. Alle spalle avevamo già tanta musica fatta insieme, tanta stima reciproca, e tanta, tanta amicizia. Così parliamo. E nel parlare Mario mi racconta del suo violoncello, o violoncello piccolo. Uno strumento davvero curioso. Perché non fare, allora, il repertorio per due violini, con il piccolo al posto del secondo violino, magari cominciando da Vivaldi? Così è nata l’idea di questi concerti. Prima abbiamo provato e realizzato il repertorio con l’orchestra, poi è stato quasi del tutto naturale passare a quello cameristico. Vivaldi ha composto alcune Sonate per due violini e basso continuo ad libitum. Sicuramente si tratta di brani destinati a un qualche suo allievo davvero brillante, ma anche per amatori che, per l’appunto, non potevano disporre di qualcuno che suonasse con loro il basso. Dunque è del tutto lecito suonarli solo coi due strumenti solisti e senza il continuo. Aggiungere poi Leclair è venuto altrettanto naturale. Una delle sue Sonate l’avevo già eseguita molti anni fa con Viktoria Mullova. La musica di Leclair, inoltre, ha una sua ascendenza italiana, che ben si coniuga con le pagine vivaldiane». Così Giuliano Carmignola racconta com’è nata l’idea di realizzare un programma centrato sostanzialmente su due solisti, sfruttando un repertorio brillante ed efficace e mettendo in campo uno strumento – il violoncello piccolo appunto – raramente ascoltato nelle sale da concerto.

«Dal mio punto di vista – continua Mario Brunello – potrei dire che si è trattato di una sorta di provocazione. Lo scopo? Continuare a suonare assieme, dopo aver già percorso tutto il repertorio maggiore per violino e violoncello. Insomma, questo strumento ci permette di curiosare qua e là alla ricerca di nuovi testi. Aggiungendo poi che il violoncello piccolo mi spinge ad andare a intrufolarmi nel repertorio violinistico, soprattutto in quello barocco, magari tornando a illuminare quegli autori che hanno composto per i nostri strumenti in maniera innovativa. Tra questi, naturalmente c’è Vivaldi. D’altronde, per violoncello piccolo ha sicuramente composto Bach: lo usa in alcune sue Cantate e probabilmente lui lo suonava anche come violoncello da spalla. Violoncello da spalla, cioè da suonarsi con la cassa appoggiata al petto, sostenuto da una cinghia che gira appunto dietro le spalle. D’altronde, è mia convinzione che tutte le 6 Suite per violoncello furono composte da Bach per il violoncello da spalla. Questo spiegherebbe la ragione di certe diteggiature, di certe arcate che, se il violoncello fosse quello da spalla, e quindi la posizione delle mani fosse proprio quella che occorre per suonare tale strumento, troverebbero una loro precisa giustificazione. D’altronde, Andrea Caporale, violoncellista di grande fama nel primo Settecento, uno dei protagonisti della storia del violoncello, suonava il piccolo sia a quattro sia a cinque corde. Il mio è un piccolo a quattro corde, accordate come quelle del violino (sol, re, la, mi), ma un’ottava sotto. Di conseguenza, ritengo che l’esito nel confronto col violino e nel contesto di pagine nate per due violini, quali quelle che abbiamo scelto per questo programma, sia davvero interessante per il pubblico. Il fraseggio tra i due strumenti emerge con maggiore chiarezza, infatti, al momento in cui uno suona un’ottava sotto all’altro, come peraltro c’è già capitato di osservare quando abbiamo eseguito così i Concerti vivaldiani per due violini e orchestra». (articolo di Fabrizio Festa)

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