Quando e in che modo è avvenuto il vostro incontro con lo strumento che suonate e quando avete sentito che era proprio “il vostro strumento”?
FS: La prima volta che ho abbracciato “letteralmente” il violoncello avevo 7 anni ed è stata in un laboratorio di musica. Fino ad allora mi divertiva strimpellare i pianoforti che trovavo nello studio dei miei genitori. Probabilmente mi ha affascinato la sonorità calda dello strumento e la sensazione di naturalezza che avvertivo quando facevo i primi esercizi.
CB: Il mio primo incontro con lo strumento è avvenuto in modo quasi casuale: avevamo un pianoforte in casa perché mia sorella lo suonava, e inizialmente la mia unica occupazione era disturbarla mentre studiava! Una volta messe le mani autonomamente sullo strumento non l’ho più lasciato.
Che posto riveste la musica da camera nella vostra attività? Quali sfide (o quali opportunità) vi offre?
FS: La musica da camera è il campo più significativo per noi strumentisti ad arco, che iniziamo fin da piccoli a suonare insieme. Con la musica da camera ritengo di avere più opportunità di esibirmi in concerto e di ampliare il repertorio, ma il lato più interessante è la conoscenza delle altre parti, le scelte condivise, lavorare mettendo in discussione le proprie idee. La sfida è trovare la capacità di fare un lavoro di squadra mettendo al centro l’ascolto e il confronto.
CB: Sicuramente per un pianista la musica da camera rappresenta prima di tutto un’occasione per uscire dalla solitudine. Le sfide a mio parere si sovrappongono alle opportunità: raggiungere l’unione di intenti necessaria, attraverso l’ascolto e il confronto tra persone anche molto diverse rappresenta sicuramente una sfida, ma dall’altro lato sicuramente un’opportunità per arrivare a ciò che in musica rappresenta uno degli aspetti più importanti: la comunicazione e la condivisione.
Come vi siete conosciuti? Avete in programma altri concerti insieme?
FS e CB: Siamo entrambi allievi dell’Accademia Santa Cecilia e ci siamo conosciuti al corso di musica da camera del maestro Lucchesini. La nostra prima esperienza musicale insieme è stata in Quintetto con l’op.44 di Schumann. In autunno realizzeremo qualche concerto insieme a Roma all’Oratorio del Gonfalone e per la Camerata Ducale di Vercelli.
Secondo la vostra esperienza di giovani interpreti e ascoltatori, che cosa è utile per avvicinare i vostri coetanei alla musica classica?
CB: La nostra generazione è costantemente sottoposta a stimoli di ogni tipo – visivi, sonori o semplicemente di informazione – ad un ritmo vertiginoso. Questo sicuramente è difficilmente conciliabile con la fruizione della musica, che ha bisogno di una disposizione all’ascolto difficile da raggiungere con i ritmi della nostra vita digitalizzata. Allo stesso tempo chi ha la fortuna di scoprire la musica classica difficilmente resta indifferente. Credo che sia fondamentale la dimensione scolastica: se durante la nostra formazione avessimo la possibilità di entrare più facilmente in contatto con la musica, che sia attraverso lo studio di uno strumento (e non necessariamente per poi farne una professione) o attraverso l’ascolto di concerti, la quantità di persone che scoprono la musica e se ne innamorano crescerebbe esponenzialmente, e questa entrerebbe a far parte di un bagaglio culturale “collettivo” e non solo riservato a pochi appassionati.
Tra i brani che presentate in programma a Torino, ce n’è uno a cui siete particolarmente affezionati e perché?
FS: Sono legato alla Sonata di Prokof’ev perché è presente nel mio repertorio già da alcuni anni. In questo brano il mio strumento può effondere la sua specifica contabilità e nel contempo esprimere giocosità con ironici pizzicati e staccati senza però mai entrare in competizione con il pianoforte. Quest’opera mi interessa particolarmente anche perché è frutto della collaborazione con il grande violoncellista Rostropovich.
CB: personalmente sono molto legato alla Sonata di Chopin, che mi ha permesso di vedere sotto una nuova luce un compositore tanto caro a noi pianisti. É interessante notare che l’unico altro strumento trattato con continuità da Chopin sia proprio il violoncello: sicuramente in esso avrà trovato quella profondità del cantabile che quasi sempre è necessaria nella sua musica. La Sonata per violoncello e pianoforte fu una delle sue ultime composizioni e non fu subito amata dai suoi contemporanei. Sicuramente è un brano complesso ma del quale è impossibile non innamorarsi!
Intervista raccolta da Laura Brucalassi per l’Unione Musicale