Anche il più umile degli attori vive del sussulto della sorpresa, del colpo di scena che si nasconde in ogni spettacolo. La voce di David Hansen pare nutrirsi con naturalezza del fremito commosso del pubblico. La cascata di note che sgorga senza preavviso dalla sua sottile figura è un piccolo miracolo della natura che l’artista australiano ha curato come uno strumento musicale raro e preziosissimo. E che gli permette di riprodurre fedelmente − senza orribili mutilazioni − i virtuosismi dei cantanti del Settecento.
Il mondo dell’opera nel XVIII secolo era popolato di nemici spietati! Anche lei vive una competizione così esasperata?
«In realtà no… Ogni cantante mostra il colore della sua voce che è diverso da tutti gli altri. Quando si parla dei controtenori di oggi, penso che ci sia l’imbarazzo della scelta. Il suono dei gruppi vocali inglesi degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta − sempre identico a se stesso − non esiste più. Fortunatamente nascono controtenori magnifici in ogni parte del mondo! Dall’Argentina all’Australia, in Norvegia e in Corea. Ognuno con il suo stile. Io personalmente sono in gara con me stesso, in ogni nuova performance».
È tutta una questione di tecnica sopraffina, o anche di splendida musica?
«Come sempre succede, la risposta è una combinazione fra le due… ma ci sono anche altri fattori in gioco. Alcuni cantanti hanno un x factor che non si può definire, una misteriosa combinazione fra musicalità e carisma».
Ricorda un momento particolare in cui ha preso coscienza del suo talento?
«Non avevo ancora quindici anni, quando mi sono accorto di poter cantare la parte del soprano nel coro della mia scuola, nella Cattedrale di Sant’Andrea a Sidney. Qualcuno mi ha sentito e si è sbalordito: “Sei un controtenore!” Da quel giorno non ho più smesso di cantare in quel modo». A Torino si esibirà in un recital senza scene e costumi, senza gli abbaglianti effetti speciali che facevano la fortuna dei cantanti del Settecento. Diventa più difficile coinvolgere il pubblico? «Sì e no. Il recital operistico offre un’opportunità unica: è possibile mostrare la musica di un’opera completamente spogliata di ornamenti esteriori. Può essere l’occasione per creare un rapporto più intimo fra il pubblico e il solista».
Condividerà la scena con i Concerti di Vivaldi. Il Maestro di Venezia è un compagno scomodo?
«Assolutamente no! Ho già avuto il privilegio di eseguire alcune sue arie. Conosco molto bene la sua musica, le pagine sacre e le opere e dobbiamo tutti ringraziare Cecilia Bartoli e le sue incisioni per averci fatto conoscere Vivaldi in tutto il suo splendore (Articolo di: Alessio Tonietti)
Vai alla presentazione del concerto >> https://www.unionemusicale.it/concerti/montis-regalis-10-02-2016/
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