La prima immagine pubblica di Maria João Pires è una fotografia color seppia, dove si scorge una creatura alta un soldo di cacio appollaiata su un seggiolone, come un passero sul filo del telegrafo, con le manine appoggiate alla tastiera di un enorme pianoforte nero. La bambina guarda l’obiettivo con gli occhioni sgranati, un po’ impaurita, e sembra volersi gettare tra le braccia del suo ciclopico amico in cerca di un rifugio. Oggi, a distanza di tanti anni, quello sguardo serio e vibrante di passione non è mutato. La musica è sempre il mondo nel quale Maria João riconosce la parte più autentica e profonda di se stessa, il luogo dove un cuore sensibile riesce a lenire il dolore e le sofferenze della vita.
Nei suoi ultimi concerti, come quello della scorsa stagione in cui abbiamo ascoltato una commovente esecuzione dell’op. 111 di Beethoven, la pianista portoghese ha distillato la sua lunga e ricca esperienza, la sua calda umanità, il frutto delle sue laboriose ricerche in interpretazioni di essenziale purezza, d’intensa contemplazione e di inesauribile vitalità. La forma del recital tradizionale però va ormai un po’ stretta all’arte della Pires, che anela a stabilire un legame diverso con il pubblico e con i musicisti più giovani. Partitura Project è il titolo di un programma utopistico, che ha promosso con incrollabile fede e determinazione.
La musica, secondo le sue convinzioni e in sintonia perfetta con un compagno di strada inguaribilmente attratto da ogni forma di utopia come Claudio Abbado, è soprattutto ascolto e condivisione. Il progetto raduna attorno a lei una serie di giovani pianisti: non solo allievi, ma artisti con cui confrontarsi, scambiare riflessioni e conoscenze. In questo senso la formula usata nel concerto della scorsa stagione è significativa: la collega più giovane Lilit Grigoryan e la Pires a condividere il palcoscenico, sedute fianco a fianco l’una ad ascoltare l’altra. Tuttavia l’utopia non è una religione per la pianista portoghese, che ogni tanto torna anche a forme più collaudate di comunione con il pubblico. Quest’anno infatti si esibirà nelle consuete vesti di grande interprete del Classicismo viennese, con una piccola gerla di capolavori da lungo tempo amati: due Sonate di Mozart tra quelle predilette, la K. 332 in fa maggiore e la suggestiva K. 333 in si bemolle maggiore, con l’ineffabile Andante cantabile, e la struggente Sonata in si bemolle maggiore D. 960, l’ultima di Schubert, che la Pires ha registrato per la seconda volta pochi anni fa. (Articolo di Oreste Bossini)

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